Sono stato a L’Aquila durante l’estate del 2013, quattro anni dopo il terremoto. Il centro storico della città non era più un luogo. Si era trasformato in una sensazione, e non esistono fotografia, reportage giornalistico, documentario né rappresentazione artistica di alcun genere in grado di restituire la completa gamma del sentire che mi ha investito mentre mi trovavo immerso in quel particolare universo. Non è possibile spiegare. L’Aquila va vista. Di sicuro io non ero pronto, nonostante le letture e la filmografia e i documenti che mi erano passati per le mani.
Il primo pensiero che ho formulato è stato: qui non tornerà nessuno. Al primo impatto non riuscivo a pensare ad altro. Se ci sono persone che vogliono tornare ad abitare qui, dovranno demolire tutto quanto e ricostruire da zero. Poi il fascino terribile del posto mi ha portato a credere che l’unica cosa sensata fosse quella di lasciare tutto com’era e farne una meta di pellegrinaggio, un santuario. Così mi sono sentito quando ho camminato per quei vicoli, a confronto con qualcosa di spaventoso, ineluttabile, terrificante e, forse proprio per questo, carico di sacralità.
Ancor più impressionanti della devastazione subita dagli edifici sono il silenzio, la desolazione e il senso di abbandono generati dalla scomparsa di una comunità. Porte sbarrate e incorniciate da legno e acciaio diventano il simbolo di questa assenza, spezzando in due le esistenze delle persone che hanno abitato quei luoghi, separando e cristallizzando tutto ciò che è stato il “prima del terremoto” e custodendolo, immobili, come in un santuario sarebbe custodita una reliquia.

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La mostra Santuario. L’Aquila. Il centro storico nelle fotografie di Cisi Paolo Sante è stata allestita sabato 11 e domenica 12 aprile 2015 dall’Associazione Cremonapalloza, presso il chiostro della sua sede di Via Gioconda, 3 (dove hanno sede anche altre Associazioni cremonesi). La mostra ha goduto del patrocinio e della collaborazione del Comune di Cremona.
Il progetto originale si componeva della serie delle porte, stampate in grande formato, e di una seconda, più corposa serie di scatti, stampati in formato più piccolo e dal taglio più teso al reportage, per meglio documentare il contesto nel quale mi ero mosso. Grazie alla possibilità di inserire le opere in un ambiente architettonico decadente e attraverso la scelta di non incorniciare le fotografie ma di stenderle su pannelli di legno (recuperati da materiali di scarto di un cantiere edile) si enfatizzava il carattere materico degli scatti, nel tentativo di generare un’espansione e una connessione tra la pietra, il legno, il calcestruzzo e l’acciaio presenti tra e oltre i confini dello scatto fotografico.
Dal 29 giugno al 31 luglio 2016 la mostra è stata esposta presso la Libreria del Convegno, a Cremona, tra gli eventi collaterali della prima edizione del Porte Aperte Festival.